Le ultime ipotesi avanzate dagli studiosi sulle Tane del Diavolo propendono nell’individuarvi un luogo di culto. A sostegno di tale congetture vanno evidenziati i resti di cereali carbonizzati (i cereali, all’epoca costituivano nutrimento pregiato, degno quindi di essere bruciato in precisi riti di offerta. Stesso discorso vale per i numerosi resti animali – marmotte e stambecchi).
Oggi queste ipotesi sembrano essere confermata da un ulteriore ritrovamento, eccezionale nel suo genere. Si tratta di una piccola scultura, scolpita su un pezzo di steatite di colore verde. Una delle più antiche rappresentazioni scultoree rinvenute nell’Orvietano e nel centro Italia.
Rappresenta una figura femminile: si intravedono il taglio degli occhi, il naso e la bocca. La testa è coperta (forse fasciata?) da un copricapo. In grembo sembra custodire amorevolmente un feto. La statuetta risale al Paleolitico Superiore e andrebbe collocata tra le cosiddette “Veneri mitologiche” (Per approfondimenti: Venere di Willendorf ).
La Venere Verde venne rinvenuta da Cesare De Sanctis nei pressi delle Tane del Diavolo, dottore in scienze agrimensorie, vissuto nell’800 che univa l’attività professionale con quella di “raccoglitore” di curiosità e reperti.